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Francesco Imbimbo – C.N.R. – UNA SOFFITTA A TRE PIAZZE
Febbraio 5, 2021 h 8:00 - Aprile 10, 2021 h 17:00
FRANCESCO IMBIMBO
C.N.R. – UNA SOFFITTA A TRE PIAZZE
Installazione 2017-2020
dedicata a Carlo Michelstaedter
Per tutto il mese di febbraio a partire da venerdì 5
presso l’ex ferramenta Krainer – Via Rastello n. 41 – Gorizia
Gorizia è la città dalle mille “cantine”, ma da qualche anno sembra contemplare un’unica soffitta. Mi riferisco naturalmente ai locali di palazzo Paternolli, testimoni del fatidico sodalizio che, agli inizi del ‘900, avvinse in appassionate disquisizioni sul senso dell’esistenza tre fra gli spiriti più illuminati della loro generazione.
Così come rievoca le glorie trascorse della “soffitta-mondo”, troppo a lungo –ahimè!- convertita in piccionaia dal degrado, l’opera affida ad un falco l’annuncio dei fasti ritrovati cui gli imminenti cantieri si apprestano a riportare lo stabile. Perché proprio un falco? Non già per qualche gratuita stravaganza dell’artista, semmai in virtù di un ammiccamento a quelle pagine “alate” del filosofo della persuasione (ad es. un paio di lettere alla famiglia e a Rico Mreule datate marzo/aprile 1909) che, in un apice d’autoconsapevolezza, vaticinano la coincidenza della sua parabola personale con le traiettorie dei falchi del San Valentin; pagine che, liberando i rapaci da torve implicazioni predatorie, ne farebbero piuttosto una stirpe di guardiani delle altitudini.
Se nell’occhio del falco lampeggia un anelito all’assoluto quantomai familiare ai lettori di Michelstaedter, qualcosa dei suoi ambivalenti ardori, invece, lo potremmo ritrovare nell’immancabile lampada fiorentina, simbolo da me implementato nella direzione di arborescenze squisitamente “sefirotiche”; ma pur sempre inquadrabile in una personalissima costellazione simbolica, che ci autorizza a figurarci danzare la fiamma di Carlo, accanto a quelle di Nino e di Rico, in un fraterno riverbero di corrispondenze.
In occasione delle celebrazioni del centenario, il mio rovello creativo aveva già flirtato con la lampada ad olio, traslandola presso un altro fatale “pensatoio”, quello scrittoio sul quale immaginai squadernarsi le sudate carte della tesi, poi destinate a raccogliere la “parola definitiva” di un assai più cruento sigillo. Con questo intervento colgo l’occasione per restituire la fiorentina alla sua più iconica collocazione, immortalata dal lapis di Carlo. Proprio da quel disegno l’opera mutua la suggestione della scala tesa verso il lucernario, trampolino celeste che delinea la risoluta proiezione di un pensiero verso l’azione, così esprimendo l’idea di libertà nella sua accezione più elevata.
P.s.: L’installazione odierna incorpora altresì un disegno di recente fattura, che sviluppa a sua volta un progetto installativo idealmente concepito nel 2010 per la piazza sottostante, ma rimasto in un cassetto da allora.
Una menzione speciale ad Alberto Caruso, il cui supporto è stato decisivo per l’allestimento, sia sul fronte dell’illuminazione, che su quello dell’elaborazione di un degno materiale fotografico.